Michele ingegnere ora cinquantenne e la moglie Elisabetta, 18 anni fa si sottoposero ad una serie di accertamenti in seguito al desiderio di un figlio che non arrivava.
Dopo le analisi effettuate a Michele fu consegnato un referto con la diagnosi che riportava queste parole: impotentia generandi in sterilità di coppia.
Michele descrive la sua delusione alla diagnosi con queste parole: «mi è crollato il mondo addosso. Ho sentito un dolore immenso e senza rimedio, io non ero un uomo come gli altri e non sarei mai stato padre!».
Da quel momento Michele si chiude in se stesso, incapace ad affrontare un dialogo con Elisabetta circa i loro e suoi sentimenti e da quel giorno sviluppa anche una impotentia coeundi (disturbo ad effettuare il coito per mancanza di erezione). A peggiorare il problema l’assenza totale di desiderio sessuale verso la compagna e le donne in genere. Per lui i rapporti sessuali perdono ogni forma di interesse non essendo più implicitamente e potenzialmente capaci di generare un figlio. I vari professionisti consultati dopo alcuni anni, le analisi e le terapie effettuate, compresa quella antidepressiva, ormonale, stimolante l’erezione, Cisli, Viagra ecc , non hanno risolto il problema.
Michele si sente apatico e indifferente verso Elisabetta e col passare degli anni continua a soffrire per non poter avere figli mentre i figli dei loro amici crescono. Michele col passare degli anni continua a non avere desiderio né capacità di erezione ed è sempre più convinto di non essere interessante e desiderabile per nessuna donna e ancora di più per Elisabetta che si vede invecchiare più velocemente sentendosi non considerata ed inutile.
Dopo anni di incomunicabilità, Michele scopre dei messaggi che Elisabetta scambia con un amico e non dice nulla ma appena Elisabetta si accorge che Michele ha scoperto i messaggi si preoccupa, interrompe l’amicizia e cerca di trarre spunto da quel fatto per avviare un dialogo col marito ma senza ottenere alcun effetto.
Anche in quella situazione Michele non sa aprirsi e affrontare il problema, si chiude ancora di più, continuando a rimanere silenziosamente accanto ad Elisabetta che ormai accetta quel ménage muto che si è consolidato tra loro. Gli anni migliori della giovinezza di Michele ed Elisabetta trascorrono in questa incomunicabilità affettiva e sessuale fin quando Michele due anni fa pensa di allontanarsi dalla città in cui lavora e in cui vive con Elisabetta. Viene richiesta la sua figura col suo titolo e ruolo a 600 km da casa e pertanto si trasferisce. Pensa che così la relazione tra loro finirà. Ogni we però rientra a casa in aereo ed Elisabetta attende il suo ritorno.
Una sera di un anno fa (sono già passati 18 anni) Michele, consultando il web, trova il mio sito dove legge di alcuni miei casi difficili risolti e mi contatta. In lui nasce la speranza che forse potrebbe provare a rivedere se stesso e il suo problema radicalmente. Cominciano così i we di trasferta di Michele motivati dal bisogno e dallo stimolo che la lettura dei miei casi ha sollevato in lui e dal bisogno di confrontarsi e dipanare il groviglio accumulato negli anni.
Spiego a Michele che “l’impotentia generandi” aveva significato “per lui” anche incapacità erettile complicata dall’ assenza di libido conseguente alla depressione in essere fino a quel momento. Michele mi dice di non avere aspettative sulla sessualità né di essere interessato a questo tema ma di sperare di poter accettare la sua realtà per vivere un po’ meglio, mi spiega di aver effettuato personalmente diversi test con altre donne durante i suoi soggiorni settimanali lontano da casa e di sé dice: «sono un traditore seriale virtuale perché ci ho provato senza alcun risultato e per questo sono irreparabilmente impotente. È successo qualcosa in me che ha rotto definitivamente tutto».
Michele si rivela troppo razionale e tratta i suoi bisogni e le sue paure giudicandosi con molta severità. Come se riguardassero un estraneo, così come gli accadeva in famiglia e precisa: «la logica davanti a tutto».
Avverte però la delusione ed il dolore per la progressiva perdita dei colori nei vari aspetti della vita che ora trova “ingrigiti”. L’assenza di colori è diventata la testimonianza affidabile dei suoi traumi ignorati e scarsamente messi nella giusta luce nei precedenti tentativi in cui ha fatto delle richieste di aiuto. Michele d’altro canto è stato trattato come una macchina rotta e non un’anima ferita ed è stato curato solo con esami, diagnosi e terapie farmacologiche risultate inefficaci.
La sintomatologia di Michele era diventata molto grave e irreversibile quando aveva scoperto il presunto tradimento di Elisabetta con un altro. In quella occasione aveva smesso ulteriormente di percepirsi e sentirsi uomo agli occhi di lei e pertanto aveva gettato definitivamente la spugna. Lavorare sulle emozioni originate da questi ricordi ed esperienze traumatiche è stato difficile perché Michele razionalmente sentiva di essersi meritato la reazione della compagna e non è propenso a dare dignità ai suoi sentimenti e bisogni. Tutta la sintomatologia di Michele rimane identica negli anni fino a maggio 2016 quando decide di chiedermi aiuto.
Molti i traumi nella storia di vita di Michele che abbiamo trattato. In otto mesi lavorando con impegno Michele riesce ad avviare un dialogo sincero con la compagna riuscendo gradualmente a raccontarsi con tenerezza e riprendendo pian piano il gioco e attraverso questo sono ripresi i rapporti sessuali. Nel corso della seduta della settimana scorsa parlando di rapporti sessuali chiedo a Michele la frequenza dei suoi rapporti con Elisabetta e mi dice: «ancora molto scarsi. Solo due, tre volte nel we!»
Lascio al lettore il commento.