Il disturbo evitante di personalità (DEP) si manifesta in fase ormai adulta. È caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e dalla convinzione di essere giudicato e criticato negativamente.
Luca non sostiene lo sguardo neanche con la madre ed il padre: dice a proposito del guardare gli altri negli occhi: «devo abbassare lo sguardo perché mi sembra che mi stiano giudicando».
La persona con DEP è convinta di non essere desiderabile pertanto si limita alla frequentazione dei propri familiari e della più ristretta cerchia di amici “evitando” le relazioni con gli altri nei confronti dei quali si sente inadeguato.
Queste convinzioni negative spingono la persona con DEP a non mettersi in gioco per realizzare una vita personale affettiva, sociale e professionale soddisfacente perchè non si sente all’altezza.
L’evitamento per la persona con DEP è una strategia indotta dalla certezza di essere disapprovato dagli altri perché “non vale abbastanza”.
Andrea evita anche lo sguardo da parte degli altri:«sul bus distogliendo lo sguardo riesco ad isolarmi perché e quello che desidero, vorrei scappare appena puntano lo sguardo su di me…»
D’altra parte l’evitamento è causa di un pervasivo senso di frustrazione perchè il DEP desidererebbe avere la facilità di fare nuove amicizie e per far questo sa che bisogna entrare in relazione anche con chi non conosce ma si sente escluso da questa possibilità. Il DEP insomma considera i suoi giudizi altamente affidabili. Desidererebbe inoltre poter fare nuove esperienze, avere accanto una persona da amare e condividere i propri interessi è convinto di non potercela mai fare e vive nel desiderio frustrato da una concomitante rassegnazione.
Se da un lato l’evitamento delle situazioni di coinvolgimento con gli altri fa credere al DEP di potersi evitarsi la sofferenza del rifiuto da parte degli altri stando sente al riparo in casa sua, è pur vero che tale evitamento è vissuto con grande disagio per la consapevolezza di una propria diversità. Questo gli genera un importante calo dell’umore con tristezza e depressione. Il DEP cerca di mitigare questa sofferenza con attività e hobby che non prevedano il contatto con le altre persone ed il giudizio degli altri, quindi si isola in attività come la musica, la lettura, la pittura, il collezionismo ecc..
Chi soffre di DEP spesso rinuncia anche alla possibilità di fare carriera per evitare il doloroso confronto con gli altri.
Lo stile di vita di chi soffre di questo disturbo tende ad essere monotono e solitario, condizione che è vissuta con tristezza o fastidio: quando però il soggetto cerca di cambiare questa situazione si scontra con le conseguenze del proprio giudizio negativo che lo fa sentire rifiutato dagli altri e questi sentimenti lo rigettano nel suo isolamento.
I sintomi del disturbo evitante di personalità consistono in una spiccata timidezza, in un atteggiamento particolarmente riservato o nella tendenza ad essere apprensivi che non sono ovviamente indice di uno stato patologico. Questi sintomi -come il forte senso di inadeguatezza/insicurezza, l’estrema timidezza, la tendenza all’isolamento sociale, e l’ipersensibilità alle critiche e la bassa autostima- sono i mattoni di una sofferenza importante e ben strutturata che troviamo in queste persone e che “può” essere risolta facilmente in un percorso di psicoterapia.
Le cause del disturbo evitante di personalità sono multifattoriali e spesso si tratta di fattori sociali, affettivi e familiari. Chi è affetto da disturbo evitante di personalità ha avuto genitori rigidi ed esigenti oppure esageratamente apprensivi/protettivi che hanno sostenuto il periodo della crescita del figlio evitandogli il confronto coi pari e di esperire nuove esperienze perché ritenute pericolose. In alcuni sono presenti storie di abuso fisico oppure esperienze negative di bullismo in età infantile.
Superare il disturbo evitante di personalità è possibile. Ci sono infatti diversi tipi di trattamento: la psicoterapia cognitiva e l’EMDR affrontano tutte le situazioni post-traumatiche familiari vissute nell’infanzia ed i vari singoli traumi o piccoli traumi associati nel percorso di vita e nell’adolescenza.
La psicoterapia cognitiva del disturbo evitante di personalità ha lo scopo di aiutare il paziente a controllare l’imbarazzo all’interno delle situazioni sociali e ad affrontare con meno timore le relazioni con gli altri. Luca:
«L’ultima volta che sono venuto qua sono entrato in un bar, c’erano due anziani e una ragazza, l’ho guardata negli occhi e lei ha abbassato lo sguardo.. Non mi sono fatto le solite paranoie»
La Teoria della Mente (TDM), il più potente strumento cognitivo che permette un atteggiamento free relazioni sociali e affettive, nel disturbo evitante di personalità è carente.
Il paziente va aiutato a sviluppare la TdM ed a perfezionarla rendendo sempre più performanti le relazioni con gli altri. Andrea dice:
«ho guardato la ragazza che ha abbassato lo sguardo e mi sono detto : forse è come me.. Quando guardo le persone mi accorgo che non mi stanno guardando ..non sono Gabriel Garko ma le persone non mi stanno fissando né mi stanno giudicando.. Non me ne sta fregando niente e penso neanche agli altri. È un po’ meno tragica.. Prima non entravo assolutamente in un bar da solo neppure in quello sotto casa perché dovevo essere in compagnia di qualcuno. Ora è diverso perché entro nel bar anche lontano da casa e non mi faccio alcun problema.»
Per mezzo della TdM la persona DEP potrà riconoscere correttamente l’atteggiamento e il comportamento degli altri nei suoi confronti e capire il proprio atteggiamento. La TdM li aiuterà a comprendere che la critica è una possibilità ma non l’unica possibilità che potrà attendersi dagli altri.
A tal proposito Massimo dopo alcuni mesi di psicoterapia sviluppa TdM e dice: «non posso pensare di essere immune dalle critiche così come gli altri non sono immuni dalle mie critiche che però non sono all’insegna della cattiveria e lasciano il tempo che trovano..»
La TdM permette inoltre di eliminare l’ansia nelle relazioni con gli altri.
Le sedute di psicoterapia cognitiva quindi hanno come compito anche l’esporsi progressivamente a situazioni ritenute stressanti e assolutamente da evitare affinché sintomi come l’ansia, il rossore, la sudorazione e il tremore possano essere padroneggiati ed il giudizio negativo su di sè e sugli altri possa cambiare.
Il benessere personale con la psicoterapia cognitiva se associata all’EMDR sarà raggiunto più facilmente mentre la conquista di una relazione di coppia nelle persone single richiederà più tempo pertanto la psicoterapia sarà più lunga.