Barbara ha trentotto anni, una professione invidiabile, un fidanzato con cui convive da qualche anno e la prospettiva di mettere su famiglia con lui.
Ha tanti amici, viaggia molto e non ha problemi familiari né economici, dice:
insomma ho tutto quello che potrei desiderare eppure non sono felice e mi sento in colpa anche perché dovrei essere felice. Ho parlato più volte con le mie amiche che mi danno dei consigli ma le loro vite sono diverse dalla mia ed io non posso parlare sempre dei miei problemi perché mi sento anche un peso. Dopo un tempo indefinito in cui mi hanno ripetuto che avrei dovuto andare da uno psicoterapeuta ho smesso di parlare dei miei problemi con loro
Dopo questo primo colloquio ( in cui Barbara non ha trovato circostanze o vissuti degni di nota oltre quanto riportato), Barbara non si fa più sentire. Passa un mese e Barbara mi scrive:
Buonasera Dottoressa! Vorrei rivederla, le cose che mi ha detto nel nostro primo incontro mi risuonano ancora nella mente. Ha parlato di rabbia, mi ha raccontato la storia di una ragazza che si comportava in un certo modo per non deludere sua madre.. mi ha parlato della teoria della mente e della possibilità di guardare le cose da un’altra prospettiva. “Mi” riesce a dare un nuovo appuntamento a Milano? Grazie
La presa di consapevolezza del proprio disagio psicologico e la ricerca di una soluzione adeguata sono passaggi non facili… Le cadute dell’umore per esempio possono manifestarsi in maniera subdola, magari innescate da eventi a cui la persona non ha dato rilevanza, così la consapevolezza arriva quando la sofferenza è già abbastanza avanti e non si è più in grado di risalire alle origini.
Non è così strano non rendersi conto di vivere un malessere, le giornate frenetiche possono tenerci occupati, distoglierci da noi stessi, e una diminuita voglia di fare e/o il restringimento del nostro campo di azione possono essere gli unici segnali, facilmente attribuibili alla stanchezza per il troppo lavoro o a qualche altra cosa.
I meccanismi di autoinganno del cervello poi fanno il resto: per mantenere stabile il nostro equilibrio. Possiamo trascurare elementi che potrebbero metterlo in discussione. Sono gli stessi meccanismi che ci impediscono di risolvere da soli certi problemi, per questo serve una relazione in cui discutere e confrontarsi. Ma lo psicoterapeuta è in genere l’ultima persona a cui ci si rivolge anche se il benessere e la sofferenza psicologica sono proprio il suo ambito di intervento. Dello psicoterapeuta si ha spesso paura, c’è diffidenza nei confronti della cura basata solo sulla parola e si ha timore che ci possa guardare dentro, manipolare a suo piacimento la nostra volontà e ridurci a una dipendenza frustrante.
In realtà il campo della psicoterapia è così ricco e ampio con diverse metodologie e tecniche di intervento differenti che tutte sono in grado di aiutare le persone ma..
La psicoterapia cognitiva è quella che ha fatto innamorare Barbara che dopo qualche tempo dice:
È indubbio che lei ha toccato e ha messo a fuoco in primissima battuta dei punti cruciali per il mio percorso
Empatia, reciprocità, interiorizzazioni involontarie di alcuni diktat… solo per citare i più evidenti.
La psicoterapia cognitiva parte dalle prime forme di apprendimento del cucciolo umano che struttura mappe di conoscenza che costituiranno la nostra unicità in quanto persone.
A seconda di quanto mi sono sentito accolto abbracciato capito ed aiutato da mamma e papà mi sentirò proporzionalmente valido e degno di stima ed amore nel mio rapporto con gli altri.
Il mestiere di genitori è molto complesso e difficile. Genitori si impara ad esserlo conoscendo ed adeguandosi a quelli che sono i bisogni del bambino.
Dopo diversi mesi Barbara racconta:
eravamo in barca, io avevo paura dell’acqua blu, al largo mio padre mi ha buttata in mare aperto perché secondo lui io lì avrei imparato a nuotare! Io invece mi sono sentita persa e mi sono vista annegare e quando mi hanno soccorsa non ero in grado di parlare e capire altro tranne che le persone che ti vogliono bene possono ucciderti all’improvviso e quindi non devi mai abbassare la guardia
Solo adesso mi rendo conto che quella paura ce l’ho addosso sempre e non mi ha mai abbandonata. È declinata in ogni aspetto della mia vita: ogni anfratto della mia mente contiene la considerazione che dagli altri in qualunque momento posso ricevere del male anche se avrebbero l’intenzione di fare tutt’altro. Non me ne ero resa mai conto!
Dopo alcuni mesi si è concluso il percorso di psicoterapia cognitiva di Barbara che ora è stabilmente felice già da alcuni anni.