«Cara dottoressa,
si ricorda di me? Sono “Carina”, la sua vecchia paziente. Come sta?
Spero di non averla disturbata con questa mail dopo circa un anno e mezzo. Volevo però scriverle per ringraziarla e per scusarmi forse di non averle mai detto di quanto le sono grata per quello che mi ha lasciato, che mi porterò per sempre dentro.
E’ passato molto tempo da allora e tante cose sono cambiate, ma in meglio.
Pensando a come ero prima, dottoressa, mi vien in parte da ridere per la mia goffaggine ma dall’altro ho un sentimento di compatimento verso quella piccola ragazzina impaurita dalla vita, dal futuro, dalle persone, dai giudizi. Una ragazzina incazzata che non si vedeva bene, non si accettava e pensava di non valere nulla perché glielo avevano detto -quando era più piccola- delle persone di poco valore.
Una ragazza che pensava di esser sempre “scrutata” dagli altri perché in realtà desiderava attenzioni. Una ragazza che non voleva buttarsi nella vita, ma sotto un camion (lo avevo pensato mentre attraversavo la strada, si ricorda? Quella volta che sono scesa dalla metro di corsa convinta che quella ragazza mi stesse fissando e mi sono gettata in strada e a momenti finivo sotto un camion pur di allontanare quello sguardo?”
Si, ero una ragazza che odiava per certi versi vivere perché vedeva quest’ultima come un susseguirsi di routine, di noia, di pessimismo, di vuoto. Io mi sentivo vuota perché sapevo di non rispondere più a me stessa, di essermi fatta prendere dalla depressione, non sapendo più come uscirne ma che in realtà desiderava tanto essere come tutti gli altri.
Un giorno dottoressa, mi era partito qualcosa da dentro. Una rabbia unica, una rabbia positiva. Ho finalmente capito, quel giorno che la vita che a me faceva tanto schifo, era una vita che io non volevo cambiare. Se io soffrivo lo dovevo a me stessa in gran parte. E’ tutto nella testa, nel come si reagisce. Lì sono rinata davvero. E mi sono detta che anche io sono amabile e posso essere amata moltissimo, anche io devo e posso gioire come tutti e che io non sono immeritevole.
Quella sua seduta la ricordo ancora,sa? Quella dove mi disse che si vive una volta sola. Pensandoci non sa quanto mi commuovo per questa cosa. Per il tempo che ho perso…ho capito in realtà di amare la vita in un modo increbile, di amare il mondo, di voler fare mille esperienze, di non volermi fermare mai.
Tempo fa le dissi pure che non ero sicura del mio corso di studi…no,no,no!!!! La depressione mi ha fatto capire che la mia strada è fare proprio l’interprete e girare per il mondo.
Nel film di Basilicata coast to coast c’è una scena bellissima, certo non per la situazione in sé, ma per il significato che ho deciso di usare come emblema di tutte le mie giornate, un dialogo fra due amiche.
«Quando lavoro al circolo dei miei, mi capita di sentire le chiacchiere dei vecchi che giocano alle carte. E allora ci sono quelli che parlano del tempo e quelli che raccontano le storie. Cose che sono successe loro da giovani, e si illuminano loro gli occhi! A quelli che parlano del tempo, invece, gli occhi non si illuminano mai»
«Senti Tropea, lo sai che ti dico? che io da vecchia mi vedo coi nipotini miei che racconto loro la storia della mia vita, della dottoressa LaRosa che me l’aveva fatta scoprire, amare e usare. Si, perché la vita si usa per viverla, non per contemplarla e prosciugarla sterilizzandola con pensieri inutili. Racconterò loro le storie, di quando ho incontrato quei quattro amici che stavano attraversando a piedi la Basilicata e che se avessi potuto, l’avrei attraversata pure io con loro ma allora avevo avuto paura!»
Bene, ho 24 anni e voglio attraversare tutto il mondo dottoressa.
Ora ho un gruppo di amici,sono felice,sono a 6 esami dalla laurea, a breve partito per New York come delegata internazionale e soprattutto ho un ragazzo che mi ama.
La ringrazio davvero immensamente per quello che mi ha dato.»
Spero che tutto ciò che vuole si realizzi, che abbia una vita felice!