Condivido con le Scienze Cognitive che ogni essere umano nasce con delle mappe di preconoscenza, che costituiscono un sapere implicito evoluzionistico, che gli permettono di interpretare il mondo in cui vive. Questo sapere é “improntato” dai geni, dagli affetti e dai contesti culturali e familiari da cui proviene e in cui ogni soggetto vive.
In questo senso, così come dall’impronta di un animale possiamo dedurne la specie, il peso e le sue caratteristiche, anche nell’uomo dal suo comportamento sociale, relazionale e affettivo possiamo vedere in controluce la storia delle relazioni familiari e la cultura dell’ambiente che lo ha circonda e come vive e sente il mondo.
La capacità tutta umana – esclusivamente umana – di cogliere le caratteristiche astratte dei contesti, ci predispone ad apprendere dall’ambiente, a subirne i condizionamenti senza, a volte, renderci conto di quali siano le particolarità dei nostri schemi, spesso maladattivi.
La psicologia di matrice cognitivista ha molto sottolineato, in questi anni, che la mente è una costruttrice attiva della realtà. In questo senso, la nostra rappresentazione del reale non è paragonabile ad una fotografia, ma piuttosto ad un dipinto, in cui la sensibilità dell’artista sottolinea aspetti, toni, sfumature.
Il disagio e la psicopatologia si collocano là dove l’individuo costruisce una mappa incoerente della realtà, mette in atto comportamenti che gli impediscono di raggiungere i propri scopi, si procura sofferenza nel perpetuarsi di relazioni invischianti.
Comune a questi esempi di disagio, pur nella loro diversità, è il fatto che agli individui la propria costruzione della realtà appare scontata, ovvia, uguale o simile a quella di tutti gli altri. Ciò che viene colto è il disagio ma non le sue determinanti: non si colgono i pensieri, non si colgono i valori, non si colgono le credenze che sono alla base dell’ agire diverso in ognuno di noi.