Il disturbo di personalità paranoideo (DPP) si caratterizza per la sospettosità nei confronti degli altri senza che nella maggior parte dei casi esistano dei reali motivi su cui fondare tali sospetti.
La predisposizione mentale a pensar male degli altri ed a pensare che gli altri pensino male di lui e vogliono fargli del male in questo disturbo è pervasiva e porta il paziente a confondere la realtà con il suo pensiero patologico, infondato e delirante.
La persona con DPP è, in virtù del suo pensiero pervasivo e delirante, molto litigiosa e adisce facilmente alle vie legali quando ritiene di essere stato offeso o umiliato. Di queste offese e umiliazioni ovviamente in sede legale non potrà fornire alcuna prova nella stragrande maggioranza dei casi.
Un altro problema è costituito dal fatto che il DPP non riesce a soppesare in modo realistico quanto del suo comportamento va ad influire nella genesi dei suoi conflitti interpersonali nei quali si viene a trovare di frequente implicato.
A causa di quanto sopra descritto il DPP si trova ad essere una persona sola e isolata, senza amici. Spesso lavora in condizioni di sufficiente isolamento sociale anche se in mezzo agli altri e non riesce nei casi più gravi -perché non è capace-, a costruire relazioni funzionali
Non esiste nel DPP una distinzione tra una cosa pensata/immaginata ed una cosa realmente accaduta e per questo motivo il pensiero del DPP è pericoloso in quanto il passaggio dal pensiero-sospetto di aver subito un danno al mettere in pratica un comportamento punitivo ritenuto di legittima difesa come se il danno fosse certo è un tutt’uno. Il DPP aggressivo può essere infatti un individuo decisamente pericoloso dal punto di vista sociale dato che è come una mina innescata sempre sul punto di esplodere.
Il DPP ovviamente con questo suo modo di stare al mondo spaventa gli altri e li costringe comprensibilmente a tenere le distanze da lui per timore delle sue reazioni inaffidabili. L’evitamento da parte degli altri nei suoi confronti è però ritenuto “la prova della malevolenza degli altri nei suoi confronti”.
La diagnosi si basa sulla somministrazione di alcuni test ed è prevalentemente clinica per lo psicoterapeuta, sulla base degli atteggiamenti che il paziente renderà manifesti nel corso della relazione di cura. Questi atteggiamenti unitamente alla storia di vita e ai modelli di pensiero e di comportamento -che risultano ripetitivi e disfunzionali- serviranno al terapeuta per comprendere e delineare le modalità del percorso di cura. Nella relazione terapeutica si evidenzierà anche quanto sia disfunzionale il comportamento del paziente che non riesce ad imparare dai suoi errori. Infatti nonostante il DPP abbia riscontri negativi dai suoi comportamenti sbagliati li reitera all’infinito. Chiunque impara dai propri errori ma il DPP no. I familiari del paziente confermeranno questa modalità relazionale e comportamentale del loro congiunto sulla quale hanno cercato di intervenire senza alcun risultato.
Il DPP non riesce a dimenticare le offese che ritiene di aver ricevuto e cova un risentimento e un rancore persistente nei riguardi di chi ritiene lo abbia offeso.
Nella relazione col partner vuole avere il controllo della vita dell’altro per evitare il tradimento e spesso avvia accese discussioni perché ritiene di essere stato ingannato e tradito.
Pericolo, rabbia e aggressività
Dal punto di vista psicologico l’ideazione persecutoria, in fondo si riduce a una chiara e netta percezione di pericolo imminente. Questa percezione può essere “fredda”, ovvero non associata ad ansia né paura, come nel caso del reduce di guerra che in città vede cecchini appostati su ogni tetto. Non che ne abbia paura, ma “sa” che ci sono. La percezione di pericolo può però essere calda e caratterizzata anche da rabbia e continuo desiderio di rivalsa nei confronti dei presunti aggressori..(Di sfuggita, è possibile affermare che in molti presunti casi di mobbing lavorativo, si tratta in effetti di idee persecutorie da parte del “mobbizzato”.)
Per concludere è bene ricordare che l’uso di sostanze, specialmente psicostimolanti quali cocaina e amfetamine (ecstasy), possono facilmente provocare o “slatentizzare” delle psicosi, e sviluppare deliri paranoici e di altro tipo.
I DPP sono meglio conosciuti al mondo per il loro delirio di gelosia paranoico: essi sospettano di essere stati traditi dal partner e passano alle vie di fatto pur senza averne alcuna prova. I violenti maltrattanti omicida per motivi di gelosia, di cui si legge tanto nelle pagine di cronaca rientrano in questa categoria di disturbo.
Gli altri sintomi del DPP consistono in stati ansiosi alternati e/o associati a sintomi depressivi e questi saranno i primi disagi da trattare.
Generalmente sarà indispensabile una importante terapia farmacologica associata alla psicoterapia che permetta di aiutare il paziente a portare avanti il percorso psicologico di cura.
In questi pazienti la terapia Cognitiva Comportamentale (TCC) e l’EMDR (acronimo inglese di desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) sarà necessariamente lunga affinché possano avviarsi quei cambiamenti utili nelle dinamiche disadattive installate lungo tutto un percorso di vita e a cui il paziente è ormai abituato senza aver potuto mai contemplare una alternativa al suo pensiero “malato”.