Ancora solo qualche decennio fa esisteva la convinzione che il cervello fosse un organo dotato di un numero finito di cellule che col tempo andava rimpicciolendosi sempre più. Soltanto da qualche decennio la scoperta della formazione di nuove cellule nervose nel cervello adulto ha letteralmente sovvertito le conoscenze su di esso.
L’interesse delle neuroscienze e degli psicologi è rivolto al modo in cui l’esperienza agisce sul sistema nervoso modificando anatomicamente il cervello, le sue reti funzionali e di conseguenza il pensiero ed il comportamento.
Gli studi e la ricerca delle neuroscienze convergono al fine di spiegare la neuroplasticità cerebrale nei vari processi che la coinvolgono considerando anche quei deficit neurologici, -conseguenti a lesioni cerebrali non evolutive-, a regredire nel tempo sia spontaneamente che in seguito ad interventi neuro-riabilitativi.
Il traguardo per meglio comprendere la plasticità del cervello è stato raggiunto attraverso la fRMI e gli ERPs introdotti negli ultimi venti anni.
fMRI (Risonanza Magnetica funzionale) permette di individuare quali aree cerebrali si attivano durante l’esecuzione di un determinato compito, come parlare, ricordare un evento, muovere parti del corpo ecc..
ERPs (event-related potential) rendono visibili in tempo reale quelle aree del cervello che si attivano come risultato di un pensiero oppure di una emozione o di una percezione.
Questi strumenti di indagine hanno permesso di comprendere la plasticità cerebrale e di curare molti deficit conseguenti a diversi accidenti prevalentemente di natura cerebrovascolare con risultati impensabili in precedenza.
William James nel 1890 descrisse la plasticità come il processo di una struttura abbastanza debole da cedere ad un’ influenza ma abbastanza forte da non cedere all’improvviso. Il tessuto nervoso sembra dotato in misura straordinaria di questo tipo di plasticità.
Nei decenni la ricerca ha permesso di evidenziare che il cervello è dotato di una plasticità ancora maggiore di quella che James sospettasse in quegli anni.
Attraverso l’esperienza che influenza e guida il nostro comportamento modifichiamo il nostro cervello.
La mente umana, intesa come capacità a interagire nel mondo si costruisce per mezzo dell’ interazione tra i processi neurofisiologici cerebrali e le esperienze.
Quasi tutti i comportamenti umani sono frutto di un processo di apprendimento che va ad attivare nel cervello specifiche aree e a strutturare specifici schemi con i quali ci interfacciamo col mondo.
Quando si apprende e si memorizza qualcosa di nuovo, questa nuova esperienza attiva una nuova rete neurale nel nostro cervello.
È acquisito che qualsiasi processo individuale -sia interno che esterno mentale-relazionale -derivi da meccanismi che avvengono a livello neuronale e che, viceversa, qualsiasi esperienza e cambiamento nei nostri processi psicologici e cognitivi modifica plasticamente le strutture anatomiche cerebrali.
La reciproca interazione tra cervello ed esperienza si rende evidente anche nei disturbi psicopatologici. I pazienti che soffrono di disturbi d’ansia e di depressione maggiore, ad esempio, mostrano spesso un’eccessiva attivazione di alcune strutture cerebrali e un ridotto funzionamento di altre in risposta alle esperienze..
La psicoterapia fa leva sulla plasticità cerebrale provocando nel cervello nel corso della relazione terapeutica cambiamenti importanti che attivano nuove reti neurali o modificano quelle preesistenti.
Perchè possa avvenire questo cambiamento sarà necessario che il paziente svolga quei compiti particolari individuati -in quanto necessari e funzionali alla soluzione dei problemi- e assegnati nel corso delle sedute
La TCC (Terapia Cognitiva Comportamentale) associata all’EMDR (rielaborazione e desensibilizzazione tramite movimenti oculari) modifica il nostro cervello avvalendosi dell’integrazione di tecniche cognitivo-comportamentali e fisiche che hanno lo scopo di modificare le convinzioni disfunzionali relative a se stessi e al mondo esterno; mirano inoltre all’acquisizione di nuove strategie tramite quegli esercizi comportamentali concordati tra terapeuta e paziente
La psicoterapia produce, quindi, modifiche del comportamento attraverso nuove esperienze e nuovi apprendimenti conseguenti “all’adozione volontaria di compiti e comportamenti pilota funzionali” che vengono registrati nelle reti neuronali del cervello e poi usati come modello successivamente.
La psicoterapia sfrutta la “capacità del cervello di cambiare” o plasticità cerebrale elaborando e mettendo in pratica nuovi percorsi cognitivi e comportamentali
Quando si dice che il comportamento e l’esperienza modificano il cervello si vuol proprio intendere una modifica anatomica del cervello e la psicoterapia cognitiva e comportamentale unitamente all’EMDR inducono importanti modifiche “positive e funzionali” nel cervello.